Scales of justice and gavel on desk with dark background that allows for copyspace.Elisabetta Rovatti, Avvocato

Mi è stato osservato che il DIM 182/2020 ha creato delle fratture tra le Associazioni. Non so se sia coerente parlare di “frattura fra le associazioni”, mi sembra non sia questo il punto.
Credo che la questione di fondo riguardi come le associazioni si rapportino rispetto al diritto delle persone con disabilità, in questo caso degli alunni, e alla loro tutela.
Il DIM 182/2020 conteneva indicazioni discriminatorie, che non potevano essere accettate (non dalla società civile e tanto meno da parte dei genitori). È stata un po’ la cartina tornasole. In molti (a mio parere, in troppi), in fondo, hanno accettato che i nostri figli potessero essere discriminati nei loro diritti fondamentali. Questa è la triste realtà.
E questo dovrebbe, davvero, farci riflettere.
Sul DIM 182/2020 avevo già manifestato i miei timori e le mie preoccupazioni. Concordo sul fatto che ci sia la necessità urgente di regolamentare, anche tecnicamente, la materia; sul DIM possiamo anche concordare che alcuni aspetti potevano essere mantenuti, ma del resto il TAR non poteva procedere diversamente se non annullando in toto.
Se il MIUR avesse proceduto ad una regolamentazione tecnica della materia, nei limiti consentiti dall’art. 7 del DLgs 66/2017, e se avesse rivisto alcuni passaggi altrettanto critici del 66/17 (vedasi l’approvazione del PEI, che mette i genitori nuovamente “all’angolo”), avrei forse condiviso, ma è andato oltre. Tant’è che la sentenza fa riferimento espresso ad un eccesso di delega.
Il DIM 182/2020 aveva in sé criticità di principio (esonero, riduzione dell’orario scolastico, esclusione dei genitori dal GLO, non più componenti, ma semplici spettatori, determinazione delle ore di sostegno con le tabelle standardizzate di “debito di funzionamento” che solo la definizione letterale è in contrasto con la prospettiva ICF), criticità di diritto e culturali, inaccettabili, anche e precipuamente, sotto il profilo della conformità a norme costituzionali. In tale ultimo senso la sentenza del TAR ha scritto una pagina di diritto dell’inclusione che definirei storica, ribadendo principi anche internazionalmente riconosciuti.
Si potevano risolvere le storture del DIM 182/2020 con il dialogo?
Il dialogo si svolge a monte, non a cose fatte.
Ricordo che la Consulta delle Associazioni e il Comitato tecnico scientifico dell’Osservatorio permanente per l’inclusione scolastica sono stati convocati (per la discussione del famigerato decreto) con nota del 24 agosto 2020 per la riunione fissata al 31 agosto 2020; quando moltissimi, in vacanza, nemmeno hanno visto la mail di convocazione. I presenti, peraltro, si sono espressi tutti a favore (la Fish ha subordinato il parere favorevole a fronte dell’accoglimento di tre questioni fra cui l’esonero; la SIPeS pure si è espressa favorevolmente, presentando, contestualmente, una nota subito acquisita dal MIUR; la Fand si è espressa a favore e così tutti gli altri presenti).
Il Decreto stesso è stato pubblicato, ancora una volta in sordina e frettolosamente, il 29 dicembre 2020 (perché la posizione del Ministro stava vacillando).
È questo il dialogo?
E come si fa ad elaborare un documento in assenza del Ministero della Salute (assente anche alla riunione del 31 agosto)? Senza le Linee guida per la certificazione di disabilità e le linee guida del Profilo di funzionamento, su cui si basa il PEI del d.lgs. 66/17? Andrebbe poi aggiunta anche la mancata convocazione della Conferenza unificata che deve dettare le modalità per il personale addetto all’autonomia e alla comunicazione: anche questo aspetto, essenziale, manca.
Le Associazioni ricorrenti, in realtà, hanno provato più volte e secondo le modalità possibili a contattare il Ministero, le Federazioni presenti nell’Osservatorio, i parlamentari, coinvolgendo la stampa e dando informazione, ma nessuno ha dato ascolto.
In realtà molti hanno taciuto.
La stessa SIPeS nel suo documento ufficiale non nomina l’esonero (e questo dovrebbe farci riflettere).
Come impedire che gli alunni fossero ulteriormente discriminati? Che cosa si poteva fare? La via del ricorso è stata inevitabile, perché le Associazioni non solo non sono state ascoltate, ma scavalcate, e le famiglie con esse.

Fonte Facebook